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Estate 1944. Lungo la Linea gotica si consuma la parte più feroce della guerra
in Italia, una serie di eccidi orribili per mano dei nazifascisti. A San Terenzo Monti, paese di
poche centinaia di abitanti tra Liguria, Emilia e Toscana, vengono uccise senza pietà 159
persone, in prevalenza donne e bambini, l'esecuzione accompagnata dal suono di un
organetto. Attraverso la storia della sua famiglia, con una scrittura intensa, viva e piena di
grazia, una galleria di personaggi che diventano romanzeschi per la forza e l'umanità della
narrazione, Agnese Pini ha scritto un grande romanzo civile, con il respiro universale
dell'inchiesta-racconto che parla di noi e del presente. “Una storia così” dice l'autrice
“lascia un segno indelebile nelle famiglie che l'hanno subita, e appartiene a tutti i
sopravvissuti e ai figli dei sopravvissuti. È una storia di umanità e di amore perché,
soprattutto nei momenti in cui vita e morte sono così vicine, l'umanità e l'amore escono
più forti che mai. L'ho sentita raccontare fin da quando ero piccola: la raccontavano mia
nonna, mia madre, mia zia (nella foto di copertina), ma per molto tempo ho pensato che
fosse un capitolo ormai chiuso della storia d'Italia e della mia storia personale. Grazie
anche al lavoro che faccio, ho capito invece che quel capitolo era tutt'altro che chiuso, che
lì si nascondono gli istinti più inconfessabili di ciò che possiamo ancora essere. L'ho capito
con la guerra in Ucraina, vedendo come certi orrori si perpetuino sempre identici al di là
delle latitudini e degli anni. E l'ho capito perché nel nostro paese c'è un periodo, il
ventennio fascista, che ancora non riusciamo a guardare con una memoria davvero
condivisa. La storia raccontata in questo libro può diventare allora un'occasione per
tornare a ciò che siamo stati con una consapevolezza nuova. Del resto la resistenza civile di
un paese si può tenere viva solo restituendo verità e dignità al destino degli ultimi. Questo
è un libro sugli ultimi ed è a loro che è dedicato, perché su di loro si è costruita l'ossatura
forte e imperfetta di tutto il nostro presente, dunque anche del mio”.