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Mentre il mondo precipita a velocità ver tiginosa verso il baratro della seconda guer ra
mondiale, Monk torna dopo oltre tren t’anni alla casa della sua infanzia, in una piccola
comunità quacchera della Pennsyl vania, nuovamente circondato dalle cure della «zia» che
l’ha cresciuto con indefetti bile abnegazione. E, costretto all’immobilità da un incidente
forse non del tutto ca suale, decide di mettere ordine fra le lette re della prima moglie,
Elizabeth, una scrit trice di successo scomparsa da pochi anni. Sarà lei, indirettamente, a
gettare una luce nella sua confusione, aiutandolo a disfarsi del passato – «Mettilo in una
teca di vetro e ammiralo come fosse un tesoro, se vuoi» –, a riflettere sulle leggi
imperscrutabili che governano l’attrazione, ad accettare la stra nezza del matrimonio, di
tutti i matrimo ni, almeno quelli che durano. E sarà sem pre lei, che in un certo senso ha
«inventa to» Monk e ne ha fatto «il più realistico» dei suoi personaggi, a fornirgli la chiave
per comprendere e perdonare se stesso. Co sì, nel desiderio espresso da Elizabeth: «Ah,
come mi piacerebbe, come mi piacerebbe saper buttare giù a decine di quei vasti, infor mi
romanzi impulsivi, pieni di opinioni con traddittorie e di calore, di energia, di stu pidità e di
vita», si può leggere in filigrana quello che è mirabilmente riuscito a Isher wood in queste
pagine.